martedì 21 aprile 2015

L'haiku del non saprei, è tardi e straparlo (19)... e poi c'è un pesce palla...

All'1:01 decido di accedere il pc e scrivere (a caso) anche se la sveglia suona presto, anche se ho mille cose da fare.
Ormai non mi prometto più di farlo con cadenza settimanale, è chiaro che attualmente non ci riesco, ma posso sicuramente costringermi a sedermi su questa sedia e pigiare questi tasti se ne sento il bisogno!
Eh cavolo!!!

Quindi di cosa scrivo?
Dato che non ho programmato nulla, semplicemente vi propongo un haiku che può rispecchiare il mio vissuto in questo momento.

Si può vivere un istante in cui tutto è chiaro ma al tempo stesso confuso?



Ah, non ho alcun male!
è già passato tutto ieri
dopo la zuppa di pesce palla

Quest'haiku vi pare fin troppo esplicito e semplice?
Niente di più errato!

Questa è la mia interpretazione...
Palesemente il soggetto del componimento è stato male ma ora sta meglio giusto?
Ecco, forse non tutti sanno che il pesce palla ha al suo interno un veleno potentissimo, una neurotossina (tetradosossina) molto più potente del cianuro!
La si trova nel fegato, nella pelle e in altri organi.
In Giappone (dove questo pesce viene abitualmente consumato) esistono scuole specializzate dove si insegna come pulirlo in modo da evitare la contaminazione della carne e la morte dei clienti. Viene rilasciato un attestato che ogni ristorante deve mettere in bella vista così si sta tutti tranquilli. 
Ergo, ciò che pareva non è.

Il punto è, che valenza ha la morte in questo componimento?
Ciò che non accettiamo per tutta la vita è l'unica cosa certa che abbiamo.
Bizzarro vero?
E se fosse proprio quest'unica certezza ad essere qualcosa di positivo?
Perché si passa l'intera esistenza a far finta che nulla di tutto questo finirà?
Semplicemente non potremmo accettare la nostra impermanenza?

E come vivremmo se accettassimo il nostro lento scorrere verso qualcosa che non possiamo spiegare?

Io ci sto provando.
Da anni non ho più paura della morte ma non l'ho ancora accettata completamente come parte della vita.
Vivere la propria impermanenza significa vivere ogni giorno davvero come se fosse l'ultimo ma non affannandosi per fare il più possibile perchè non è detto che ci sia un domani, è l'esatto opposto.

Si smette di colpevolizzarsi.

Devo studiare ma non ho proprio la concentrazione giusta?
Ok, accetto che il mio ultimo giorno sia stato così.
Questo non fa di me una perdente, ho ascoltato le mie sensazioni, rispettato me stessa, rispettato il mio ritmo.

Guardare in faccia la propria impermanenza significa scegliere se stessi, scegliere bene come spendere il tempo, scegliere cosa è meglio...

Impermanenza è in sostanza un grande dono perché se avessimo l'eternità probabilmente non combineremmo un cazzo.


Ps. questo è un pesce palla e... no, non riuscirei mai a mangiarlo... è troppo carino!!!

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